Nel 2011, due ricercatori avevano previsto con precisione il terremoto che ha colpito il Myanmar il 28 marzo 2025. Nobuo Hurukawa, giapponese, e Phyo Maung Maung, birmano, nel loro studio pubblicato su Geophysical Research Letters avevano evidenziato una “lacuna sismica” lungo la faglia Sagaing, un’area in cui da decenni non si verificavano forti scosse. La loro previsione si è rivelata sorprendentemente accurata: l’epicentro del recente terremoto ha coinciso con la zona indicata, con una magnitudo di 7.7 (contro il 7.9 stimato) e una rottura della faglia di 250 km.
Analizzando i dati storici dei terremoti superiori a magnitudo 7 dal 1918, i due scienziati avevano identificato due zone a rischio:
- Un tratto di 260 km nel Myanmar centrale, dove si è verificato il sisma del 28 marzo.
- Una seconda area nel Mare delle Andamane, dove dal 1957 non si registrano forti scosse e dove potrebbe generarsi uno tsunami devastante.
Hurukawa e Maung Maung avevano anche avvertito del rischio di liquefazione del suolo, un fenomeno che trasforma il terreno sabbioso in un fluido sotto l’effetto delle onde sismiche. Questo ha contribuito ai danni in Thailandia, a centinaia di chilometri dall’epicentro, simile a quanto accaduto a Città del Messico nel 1985 e in Emilia Romagna nel 2012.
Perché non si poteva prevedere il momento esatto?
Sebbene la posizione e la forza del terremoto fossero state anticipate, la tempistica rimane impossibile da determinare con precisione. La faglia Sagaing, che si muove a 1,8 cm l’anno, è soggetta a intervalli brevi tra un sisma e l’altro, ma non esiste ancora una tecnologia in grado di stabilire quando avverrà una scossa.
I ricercatori hanno lanciato un ulteriore allarme: la seconda lacuna sismica nel Mare delle Andamane potrebbe scatenare un terremoto di magnitudo 7, con possibile tsunami nel Golfo del Bengala. Un monito che richiede preparazione, soprattutto considerando l’elevata densità abitativa nelle zone coinvolte.