L’oro ha infranto ogni record, spingendosi per la prima volta nella storia oltre la soglia dei 3.500 dollari l’oncia. Un traguardo che segna l’inizio di una fase del tutto nuova per il metallo prezioso, che oggi si conferma più che mai il rifugio prediletto in tempi di incertezza. A sorprendere non è solo l’andamento del prezzo, ma anche la crescita esponenziale della domanda, che coinvolge non più soltanto gli investitori istituzionali, ma anche il pubblico retail.
A certificare questa corsa all’oro sono i dati delle piattaforme di aste online come Catawiki, che nei primi due mesi del 2025 hanno registrato un aumento degli acquisti di monete e lingotti d’oro e d’argento del +60% in Europa e del +33% in Italia. Un trend già visibile nel 2024 (+83% a livello continentale), che ora viene ulteriormente accelerato dall’introduzione di dazi e dalla volatilità dei mercati.
Le ragioni di un “rally” senza precedenti
Secondo Kerstin Hottner, Head of Commodities di Vontobel, l’impennata del prezzo dell’oro va oltre i fattori economici tradizionali come inflazione o tassi d’interesse. A pesare di più sono ora l’incertezza legata alla guerra commerciale globale, l’aumento dei dazi (che negli USA sono passati dal 2,4% a oltre il 20%) e i timori per la tenuta dell’economia mondiale. Questi elementi spingono gli investitori a rifugiarsi nel metallo giallo, alimentando ulteriormente la domanda.
Anche il mercato dei futures e gli ETF legati all’oro stanno beneficiando di questa dinamica, con afflussi in crescita dell’8% da inizio anno. Tuttavia, si segnala che il mercato resta ancora sotto del 20% rispetto ai massimi del 2020, indicando un potenziale margine di ulteriore espansione. Nel frattempo, la Cina – come evidenziato da un recente report di Goldman Sachs – starebbe acquistando più oro di quanto ufficialmente dichiarato.
L’unico freno a questa corsa potrebbe arrivare dalla domanda di gioielli, già in calo a causa dei prezzi record. Secondo gli analisti, questo segmento rappresenta circa il doppio della domanda proveniente dalle banche centrali. Inoltre, alcune di queste ultime, finora tra i maggiori acquirenti, stanno ora adottando strategie attendiste, in attesa di un’eventuale correzione dei prezzi.